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L'imperfetto in Un matrimonio in provincia, della Marchesa Colombi
La famiglia
(comporsi) del babbo; d'una vecchia zia di lui, che
(dormire) in cucina dove
(passare) la vita al buio; di mia sorella maggiore Caterina, che
(chiamarsi) Titina; e di me.
(avere, noi) una casa... Dio che casa! Non
(esserci) un giardino, né un cortile, né un balcone per uscire a respirare all'aperto. La mattina il babbo ci
(fare) alzare prestissimo, ci
(dare) appena il tempo di vestirci, e si
(andare) giú giú, lungo una strada qualsiasi. Quando si
(tornare), noi
(essere) stanche, e non
(sentirsi) di ordinare la casa.
(esserci) una serva che
(venire) alle otto del mattino, e
(andarsene) verso le due. Il babbo non ci
(mandare) neppure a scuola, perché
(dire) che tutte quelle ore di immobilità sono micidiali. Ci
(insegnare) lui a leggere, scrivere e far di conto. E durante le nostre passeggiate lui
(fare) la nostra educazione letteraria.
A cena si
(mangiare) freddo qualche avanzo del pranzo, e dopo, si
(uscire) un'altra volta
Noi non
(essere) malcontente di quel regime, e non
(annoiarsi) di certo. Ma non
(essere) neppur contente, e non
(divertirsi).
(essere) un'apatia, un'indifferenza assoluta.
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